giovedì 7 febbraio 2008

Grappe e Acqueviti

Il mondo delle acqueviti e dei distillati è un universo ricco di emozioni, sensazioni e - in modo particolare - di aromi intensi, complessi e penetranti capaci di introdurre il naso del degustatore attento in una nuova e piacevole esperienza. Il mondo delle acqueviti e dei distillati è ricco anche di tecniche di produzione, di accurati e pazienti invecchiamenti condotti in contenitori diversi, e di materie prime, che dopo un sapiente processo di distillazione, si trasformano in una cristallina essenza in cui apparentemente sembra che sia l'alcol l'unico risultato dell'intera operazione. In realtà, in questo liquido cristallino di alcol se ne trova in abbondanza, e nonostante questo sia l'elemento principale in termini di quantità, la distillazione riesce a estrarre anche aromi e altre sostanze capaci di dare corpo e forma all'acquavite.
Grappa e Cioccolato: un classico degli abbinamenti con i distillati
In teoria si può ricavare acquavite da qualunque sostanza contenente zuccheri fermentescibili e quindi capaci di produrre alcol. Le principali sostanze da cui si ricavano distillati sono offerte dalla frutta e dai suoi derivati di lavorazione, primo fra tutti l'uva e di cui si distilla praticamente tutto, dalla vinaccia al vino. La distillazione ha avuto anche il significato di recuperare e sfruttare al massimo le sostanze di scarto ottenute durante la lavorazione di materie prime e con lo scopo di ottenere altri prodotti. Questo è il caso dell'uva le cui vinacce - dopo essere utilizzate per la produzione del vino e ancora ricche di aromi e alcol - sono distillate con lo scopo di ottenere acquavite. Questo è infatti il metodo utilizzato tradizionalmente per la produzione della Grappa, il nobile e storico distillato prodotto da molti secoli in Italia e considerato il distillato nazionale.
Ogni acquavite - senza eccezione alcuna e senza distinzione - si apprezza principalmente per i suoi aromi e si consuma sempre e comunque a piccoli sorsi. Questo fattore deve essere considerato quando si intende abbinare un distillato con un cibo poiché la quantità di servizio sarà molto ridotta rispetto a tutte le altre bevande. Anche gli aromi del distillato saranno considerati con estrema attenzione poiché l'abbinamento del cibo sarà formulato anche in accordo a questa qualità, un fattore che - per esempio - si considera anche nell'abbinamento con il vino. L'alcol nei distillati - oltre a essere l'elemento principale in termini di quantità - contribuisce alla formazione dello sviluppo aromatico poiché, oltre ad avere un suo aroma specifico, trasporta verso l'alto anche le molecole degli altri aromi, consentendo quindi una migliore percezione. In una bevanda alcolica - incluso il vino - l'alcol svolge quindi un ruolo fondamentale nella percezione degli aromi e nella loro esaltazione.
Esattamente come per i vini, un buon distillato si riconosce per la mancanza di difetti, una condizione che si ottiene impiegando materie prime di qualità - fresche e senza difetti - qualità del processo di distillazione, del sistema di distillazione e dell'alambicco. Va ricordato che la procedura di distillazione è critica per lo sviluppo e la qualità degli aromi. Gli aromi della stessa materia prima distillata con il sistema discontinuo sono ben diversi da quelli ottenuti con il sistema di distillazione continua. La stessa considerazione è inoltre vera per i materiali con cui il distillatore è costruito. Nei distillati maturati in contenitori di legno - tipicamente botti di dimensione media, più spesso la barrique - un ruolo fondamentale è svolto dal materiale di costruzione. Il tipo di legno, così come il volume della stessa botte e il tempo di maturazione, influirà direttamente sulle qualità aromatiche e gustative del distillato.
Come già detto, la caratteristica gustativa principale di un distillato è rappresentata dall'alcol. Ci sono dei cibi che a causa delle loro qualità fisiche e organolettiche tendono a rivestire la cavità orale tanto da abbassare la percezione di altri stimoli gustativi. Questo è il caso delle sostanze grasse, come nel caso di alcuni salumi e il cioccolato. Eventuali sostanze grasse presenti in bocca, rivestendo la cavità orale, abbassano la percezione pseudo calorica dell'alcol rendendolo quindi più tollerabile. L'alcol ha anche una notevole capacità sgrassante, pertanto sarà l'ideale per contrastare e annullare l'effetto coprente del grasso restituendo una bocca perfettamente pulita. L'associazione di alcol e sostanze grasse giustifica pienamente e da sola l'abbinamento dei distillati con il cioccolato e, in certi casi, con salumi particolarmente grassi, come nel caso della 'nduja, il tipico e ottimo salume prodotto in Calabria.
L'abbinamento più classico e riuscito con i distillati è certamente con il cioccolato fondente, un abbinamento generalmente proposto con il Cognac o con la Grappa. Entrambi i distillati risultano pienamente adatti a questo tipo di abbinamento poiché - contrariamente al vino - sono capaci di sostenere la forte personalità e l'elevata complessità di un cibo come il cioccolato. Questo alimento sembra possedere tutte le qualità necessarie all'abbinamento con i distillati: aromi intensi, sapore forte e penetranti, grassezza, lunga persistenza gusto-olfattiva; qualità che in genere fanno soccombere la maggioranza dei vini e talvolta anche certi distillati. Esattamente come per l'abbinamento enogastronomico, anche con i distillati è necessaria una certa dose di curiosità e di intraprendenza: l'importante - come sempre - è di valutare con attenzione le qualità del cibo e del distillato. Le sorprese non mancheranno e, infine, non dimenticatevi che il piacere dei distillati - così come dei vini - non è mai rappresentato dalla quantità, ma esclusivamente dalla qualità e in modo particolare dagli aromi.

domenica 23 dicembre 2007


Volgio augurare a tutti un Natale stupendo, dolce, sereno, goloso ma anche e sopratutto, che sia un bel momento di condivisione, generosità, di focolare da passare in famiglia.

mi raccomando mangiate...mangiate...mangiate almeno in questi giorni le tradizioni sono d'obbligo.

Auguri anche per un 2008 ricco e gioioso a tutti.

giovedì 29 novembre 2007

Ho voglia di Torrone...


Torrone, mandorlato, croccante: tre "dolcezze" sorelle, ma diverse come riescono ad esserlo a volte i componenti di una stessa famiglia. La loro origine si perde nella notte dei tempi. Gli antichi Romani conoscevano un dolce fatto con miele e frutta oleosa chiamato cuppedo, che pare fosse molto apprezzato dai soldati acquartierati negli accampamenti invernali.Il nome cupeto è rimasto ancora oggi ad indicare il torrone in alcune zone dell'Italia meridionale.

Un'altra tradizione vuole siano stati gli Arabi a portare in Sicilia i primi croccanti a base di miele, mandorle e sesamo (le giuggiulena), ingredienti d'origine orientale. Le prime varianti della ricetta si trovano proprio nell'isola, dove i turronari utilizzano anche i pistacchi, le nocciole e le arachidi. Dalle parti di Licata, un tempo si preparava la cicirata, un croccante di miele e ceci tostati, ormai quasi dimenticato. In Sardegna - un altro importante scalo degli arabi nel mediterraneo - la ricetta tradizionale racchiude in un'ostia sottile (fatta con amido di mais) un composto morbido di miele, mandorle o noci tostate ed albume d'uovo. È proprio l'albume, l'ingrediente che differenzia il croccante dal torrone. A questo proposito, una leggenda racconta che nel 1441, a Cremona, in occasione del banchetto nuziale di Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza, il pasticcere rovesciò per sbaglio delle mandorle appena tostate in un composto di miele e uova. Non sapendo più come rimediare all'errore, tentò di cuocere l'impasto che dopo alcune ore diventò sufficientemente consistente da essere modellato. L'ingegnoso pasticcione gli diede la forma del Torrazzo, l'alta torre campanaria del Duomo della città, così il nuovo dolce, molto apprezzato dagli ospiti e dagli sposi, fu battezzato torrone. Secondo i filologi, invece, turròn è un vocabolo spagnolo derivato dal latino torrere (tostare). Anche in Spagna, però, l'origine della produzione dei torroni si fa risalire alla tradizione araba che influenzò profondamente gli usi gastronomici delle popolazioni iberiche.

domenica 18 novembre 2007

November Porc...ultimo atto

24/25 Novembre
"Armonie di Spezie e Infusi"
Terzo ed ultimo atto per questa festa all’insegna della buona tavola e del divertimento. Dopo i Comuni di Polesine Parmense e Zibello, è la volta di Roccabianca, alla quale spetterà di chiudere in bellezza questa kermesse.
I festeggiamenti e le degustazioni cominceranno alle ore 12.00 del sabato con l’apertura della terza edizione della mostra mercato “Armonia di Spezie e Infusi” e con l’esibizione del corpo bandistico della Società Musicale Estudiantina.
In serata nelle cucine della festa abili cuoche prepareranno succulente pietanze tipiche, insieme ai gustosi panini ed alla birra del McPorc, da gustare all’interno dell’accogliente stand gastronomico fino a tarda serata.
Non mancherà l’evento giovane, che garantirà musica ed esibizioni live con i deejay di Radio Malvisi Network in diretta dalle 20:30, e l’affermato gruppo locale Me Pek e Barba, che allieteranno gli ospiti fino al mattino.Al sabato pomeriggio non mancherà l’evento sportivo con il campionato nazionale di corsa su strada November Porc Hot Feet.
Alle 9:00 della domenica riaprirà il mercato, collocato nella suggestiva P.za Garibaldi, dove ci si divertirà con gag e esibizioni di artisti di strada, burattini ed orchestrine.In mattinata riaprirà lo stand gastronomico per deliziare i palati di tutti i presenti e nel pomeriggio saranno offerti gratuitamente due dei prodotti più classici della norcineria della Bassa “I Ciccioli” e la gigantesca cicciolata realizzata il sabato, accompagnata da una bella fetta di polenta calda!Per tutta la giornata sarà possibile ammirare le opere d’arte dei bravissimi madonnari con i loro lavori dedicati alla nostra terra. E anche quest’anno non mancheranno le belle bancarelle del mercatino natalizio “Aria di Natale” giunto alla ottava edizione.A garantire la perfetta riuscita della manifestazione sarà (come per Polesine Parmense e Zibello) anche il servizio bus navetta dalla stazione ferroviaria di Parma e il collegamento fluviale tramite la motonave “Rigoletto” con i porti di Cremona e Motta Baluffi per i porti di Polesine P.se e Torricella.
Chi arriva da più lontano, invece, può prendere in considerazione il pernottamento in loco, grazie agli interessanti pacchetti turistici offerti da: Parma Incoming, Và Pensiero Viaggi

lunedì 29 ottobre 2007

Coffee a go go

Chi ama il caffè, il suo aroma inconfondibile, sa bene che l’ottimo espresso è il risultato di una magica combinazione tra diversi elementi.
Il segreto per gli esperti, infatti, sta nella legge delle 4 M: miscela, macinino, mano e macchina.Ricostruire la storia della macchina per il caffè non solo significa segnalare le tappe evolutive di uno strumento ma anche ripercorrere il costume, scovare l’origine di un gesto che da abitudine quotidiana ha assunto la sacralità del rito. Oggi, il caffè è la bevanda più consumata al mondo. Sono 400 miliardi le tazze bevute ogni anno. In Italia vengono consumati circa 37 Kg l’anno di caffè e l’Italia è al 12° posto in Europa e al 16° nel mondo per il consumo della bevanda nera.Volete riconoscere un ottimo caffè espresso?
Ecco le indicazioni degli esperti.
Il caffè perfetto lo si riconosce innanzitutto dal colore della crema che è nocciola, tendente al rossiccio oppure al testa di moro, a seconda della miscela di caffè. La crema avrà uno spessore di 3/4 mm. E deve restare a lungo. Il suo gusto e il suo aroma persistono a lungo nel palato, ha un corpo aromatico, denso e profumato.Il caffè sovraestratto lo si riconosce dal colore scuro della sua crema, con una parte tendente al nero.
Tende a ritirarsi rapidamente verso il bordo ed ha un gusto amaro, astringente, quasi legnoso con pochissimo aroma. Il caffè sottoestratto ha una schiuma molto chiara, non densa, che tende a sparire rapidamente. E' un caffè leggero.

venerdì 12 ottobre 2007

Tempura

La cucina Giapponese, trionfo di sapori crudi, a sorpresa annovera nel suo menu uno dei fritti più celebri nel mondo: il tempura. Un piatto non originale ma copiato da altre cucine, direbbero le malelingue. Invece è più corretto definirlo "importato" e naturalizzato come "autentico giapponese" ormai da quattrocento anni.Il tempura arrivò in Giappone nel XVII secolo assieme ai Gesuiti portoghesi che in quel periodo aprirono missioni nel sud del Paese. Lo stesso nome pare derivi da "tempora", cioè "quaresima", il periodo di digiuno durante il quale veniva preparato il piatto a base di pesce e verdure.Si tratta, in fondo, di un fritto in pastella. La differenza dai fritti in pastella come siamo abituati a farli noi consiste nel fatto che la pastella è fatta con ingredienti freddi e deve essere tenuta in frigo fino al momento di usarla. L'olio non deve essere di oliva, ma di semi e la temperatura deve mantenersi piuttosto bassa, leggermente inferiore ai 180° (circa 170°). Per essere certi che la temperatura è quella giusta,si immerge una goccia di pastella nell'olio. Se la temperatura è quella giusta, la pastella prima scende sul fondo della friggitrice e risale immediatamente dopo. Se è troppo freddo rimane sul fondo, se è troppo caldo rimane a galla senza prima scende sul fondo.
Questa la mia ricetta:
250 gr di farina "0"
250 gr di farina di riso o fecola
250 gr di acqua gassata molto fredda
Esecuzone:
Mescolare in una ciotola la farina "0", con la farina di riso o la fecola e l'acqua frizzante finchè avrà raggiunto una consistenza elastica, coprire e lasciar riposare in frigo per almeno 8 ore. Trascorse le 8 ore togliere il recipiente con la pastella dal frigorifero e sistemarla all'interno di una boulle, contenente cubetti di ghiaccio per circa la metà della sua capienza, rimescolarla per far riprendere corposità alla pastella.In questo modo, potremo immergervi all'interno le pietanze da friggere mantenendo la temperatura fredda necessaria per la ben riuscita della tempura.

giovedì 11 ottobre 2007

Il fascino alcolico


«Un dry Martini», disse. «In un´ampia coppa da champagne».«Oui, monsieur».«Aspetti un momento. Tre parti di Gordon´s, una di vodka, mezza di Kina Lillet. Shakerato finché è molto freddo, poi aggiunga una sottile scorza di limone. Chiaro?».

Quando Ian Fleming nel 1953 inventò il Vesper Martini per il suo eroe letterario, non immaginava certo che il cocktail, sarebbe diventando uno status symbol. A consegnarlo alla storia e all´olimpo del glamour, insieme al successo editoriale, fu il fascino dell´ambiguità alcolica espressa nel mix inusuale di gin e vodka, omaggio di 007 alla bella doppiogiochista Vesper Lind, protagonista femminile di Casino Royale.

I cocktail rappresentano l´irresistibile trasgressione alla scelta codificata degli alcolici in purezza. Diversi dal vino, che gode di una ritualità tutta sua, dal consumo agli eventi. Diversi anche da whisky, rum, sherry, grappa, che vantano una loro connotazione precisa nella tavolozza del bere alcolico, dove a far la differenza è solo la sapienza di chi li produce. I miscelati partono da basi il più possibile neutre per essere plasmati in maniera funambolica grazie all´abilità del bartender. Nessuno creda che le diaboliche miscele siano storia dei nostri anni. Il primo manuale completo - The Bartenders Guide. How to mix drinks - è datato 1862, a opera dell´istrionico barman americano Jerry Thomas.
Da lì in poi, i cocktail non hanno più smesso la loro arte ammaliatrice.
Le ricette evergreen, tra mix come il Negroni e il Campari shakerato, e apparentemente soavi come l´Alexander e la Piñacolada, vantano schiere di fedelissimi in tutto il mondo. Ordinare «il solito» al barman è il riconoscimento di una appartenenza a un´area di privilegio. Per gli americani, un diritto irrinunciabile, dal Dirty del presidente Roosevelt al Cosmopolitan di Madonna.
Dietro il bancone della “Bodeguita del Medio” si legge ancora il motto di Ernest Hemingway: «My mojito in la Bodeguita, my daiquiri in El Floridita». Come non essere d´accordo?
In un´atmosfera, perfetta per la dedica di James Bond alla sua nuova conquista: «Il cocktail? Penso che lo chiamerò Vesper».«Per via del retrogusto un po´ amaro?».
Il rito dell´aperitivo e del dopocena diventa sinonimo di trasgressione vacanziera e un´occasione irripetibile per assaggiare le ultime inebrianti novità. Ecco alcune nuone proposte:

Heavenly Mojito
4.5 cl di Tequila10 foglie di menta fresca½ lime1 cucchiaio di zuccheroSoda
Pestare lime, menta e zucchero in un tumbler basso. Aggiungere tequila, ghiaccio e soda. Guarnire con la menta

Lab blu
10 cl di spumante brut2 cl di margarita mix0.5 cl di sciroppo Tropical Blu Fabbri (che si depositerà sul fondo del bicchiere)2 cl di Vodka blu in superficie1 spruzzo di lime fresco3 gr di Diger Selz al limone
Versare nell’ordine in una flute alta con ghiaccio

Angel’s temptation
4.5 cl di Gran Centenario Plata Tequila9 cl di succo di mela fresco1,5 cl di succo d’arancia fresco0,75 cl di succo di lime fresco
Versare gli ingredienti in un bicchiere con ghiaccio.Shakerare e servire in un highball guarnito con una fetta di mela verde